Coloro che rientrano nel sistema retributivo o misto hanno diritto alla pensione di vecchiaia, dal 1° gennaio 2019 al perfezionamento di 67 anni.
I requisiti anagrafici utili per l'accesso alla pensione di vecchiaia sono oggetto dell'adeguamento alla stima di vita Istat a partire dal 1° gennaio 2013. Il primo aumento è stato di 3 mesi, il
secondo aumento, pari ad ulteriori 4 mesi, è scattato il 1° gennaio 2016; il terzo adeguamento, scattato il 1° gennaio 2019, è risultato pari a cinque
mesi; il quarto adeguamento, previsto dal 1° gennaio 2021, sarà nullo pertanto i requisiti anagrafici resteranno invariati sino al 31 dicembre 2022.
Il requisito anagrafico non è sufficiente. E’ necessario, infatti, anche il requisito contributivo di un’anzianità contributiva di almeno 20 anni, versata o accreditata a qualsiasi titolo.
Alcuni lavoratori continuano a maturare il diritto alla pensione di vecchiaia con l’anzianità contributiva di 15 anni. Sono i cd. lavoratori quindicenni, per lo più donne, e lavoratori con attività discontinue (servizi domestici e familiari, lavoratori agricoli, dello spettacolo):
Per il pubblico impiego, il diritto si matura nelle condizioni indicate nei punti 1) e 4), per gli iscritti al fondo ex-enpals la deroga è riconosciuta solo nei punti 1), 2) e 4), e per i lavoratori del soppresso fondo Poste, solo nei casi indicati sub capo 4).
L'età anagrafica è comunque quella stabilita dalla regolamentazione ordinaria della cd. Legge Fornero.
Quindi dal gennaio 2016 tale diritto si è venuto a maturare per le donne all'età di 65 anni e 7 mesi se dipendenti; 66 anni e 1 mese se autonome; ed a 66 anni e 7 mesi sia per le donne dipendenti nel settore pubblico che per gli uomini dipendenti e autonomi.
Oggi il requisito anagrafico è di 67 anni (fino al 31 dicembre 2022) e almeno 20 anni di contributi.
Al doppio requisito 67 anni d’età e 20 anni di contribuzione sono previste alcune eccezioni. Dunque, l'età di accesso alla pensione di vecchiaia per il 2021 varia dai 66 ai 71 anni. Infatti:
La Legge Fornero ha disarticolato il sistema delle c.d. finestre mobili per poter accedere alla pensione, per cui la prestazione decorre dal primo giorno del mese successivo a quello in cui l’assicurato ha compiuto l’età pensionabile.
E’ necessaria la cessazione del rapporto di lavoro dipendente, mentre non lo è per quanto riguarda l’attività di lavoro autonomo (Circolare Inps 35/2012; Circolare Inps 37/2012)
Con l’art. 1 co. 194 della L. 232/2016 va definitivamente in archivio il sistema della penalizzazione.
Questo odioso sistema colpiva coloro che decidevano di accedere alla c.d. pensione anticipata prima del raggiungimento del 62° anno di età, con una decurtazione dell’1% fino all’età di 60 anni, e del 2% per ogni ulteriore anno di anticipo.
Questo complesso normativo è stato via via disarticolato, poiché non applicabile già per effetto dell’articolo 6, co. 2-quater del Decreto legge 216/2011 convertito con legge 14/2012, nei casi in cui l’anzianità contributiva fosse effettiva da lavoro, ovvero conseguita con la contribuzione figurativa derivante dal servizio militare, dalla cigo, malattia, maternità obbligatoria, congedi e permessi per assistere disabili ai sensi della legge 104/1992 e per donazione di sangue.
L'articolo 1, comma 113 della legge 190/2014 ha disposto la cancellazione di questo meccanismo per le pensioni con decorrenza dal gennaio 2015, e per tutti coloro che maturassero il requisito contributivo entro il 31.12.2017 (cfr: Circolare Inps 74/2015).
L'articolo 1, co. 299 della legge 208/2015 ha annullato le penalizzazioni per coloro che avevano ricevuto la liquidazione della pensione prima del 1° gennaio 2015, per i ratei erogati a partire dal 1° gennaio 2016. Con l’ultimo intervento, tale disciplina è stata definitivamente annullata, anche per coloro che matureranno il requisito dopo il 31.12.2017. Si chiude quindi una delle più odiose e terribili pagine del sistema previdenziale italiano.
Si precisa che tale meccanismo non è stato mai applicato per quei lavoratori che hanno maturato i requisiti con la normativa ante Fornero (es. 40 anni di contributi o quota 96 entro il 2011) né nei confronti dei lavoratori salvaguardati dalla legge Fornero (come, in particolare, i lavoratori cd. esodati).
Si allega la tavola riepilogativa:
L'opzione donna è stata recentemente prorogata dalla Legge di Bilancio per il 2021. Essa è indirizzata alle sole donne, cui è concesso di accedere alla pensione con almeno 35 anni di contribuzione e 58 anni di età se dipendenti (59 se autonome). Purché i requisiti siano stati maturati entro il 31 dicembre 2020.
Tuttavia, è prevista una finestra tra la maturazione dei requisiti e l’effettiva ricezione dell' assegno pensionistico pari a 12 mesi per le lavoratrici dipendenti e 18 mesi per le autonome.
Si ricorda, tuttavia, che l'importo della pensione così ottenuta è calcolato interamente con il sistema contributivo, a prescindere dall'anno di maturazione dei contributi. Pertanto la maggior parte delle volte ciò si traduce in una penalizzazione nell'importo dell'assegno.
La stessa Legge Fornero contemplava la possibilità per le donne di andare in pensione prima, fino al 31 Dicembre 2015, purché il loro assegno fosse interamente calcolato con il metodo contributivo (Legge Maroni - art. 1, co. 9 della legge 243/04).
Tale opzione è stata adottata dopo la riforma Fornero perché continuava a consentire di essere collocati in pensione prima delle regole ordinarie (41 anni e 10 mesi di contributi indipendentemente dall'età anagrafica - pensione anticipata - o il raggiungimento di un'età anagrafica pari a 66 anni e 7 mesi - per le donne del pubblico impiego; 65 anni e 7 mesi le donne dipendenti del settore privato; 66 anni e 1 mese le autonome - unitamente a 20 anni di contributi - pensione di vecchiaia).
Con tale sistema si può essere collocati in pensione anticipatamente, purché con un assegno più basso perché calcolato con il solo sistema contributivo.
Inoltre, il regime ha subito una proroga sino al 28 febbraio 2021, con la Legge di Bilancio 2021.