Caso Zerbo: un primo ostacolo sembrerebbe esser stato superato dalla figlia di Salvatore Zerbo, una delle tante vittime dell’amianto che ha lavorato nello stabilimento Fincantieri di Palermo come manutentore.
Dopo due richieste di archiviazione le speranze sembrano esser dissolte in un pugno di rabbia e dolore ma sono state presentate due
opposizioni dall’Avv.Ezio Bonanni, presidente ONA, nei giorni scorsa la notizia della prima udienza in camera di consiglio fissata per il prossimo 29 gennaio.
Per otto lunghi anni lo stabilimento Fincantieri di Palermo è stato per Salvatore Zerbo un inferno di cemento. Ci ha vissuto otto anni svolgendo mansioni di manutentore caldaie sono stati sufficienti per provocargli un mesotelioma pleurico. Un cancro ai polmoni che non ha dato via di scampo a Salvatore Zerbo, deceduto nel 1993. La figlia non si è mai rassegnata. Vuole che venga fatta giustizia, non solo per il padre, ma anche per tutti coloro che sono morti e che continuano a morire, dopo atroci sofferenze, per essere stati a contatto con stanze velenose.
Agata Zerbo, figlia della vittima, assistita dall’avvocato Ezio Bonanni, cinque anni fa ha sporto denuncia querela seguita da una richiesta di archiviazione da parte del pubblico ministero. L’avvocato Bonanni ha presentato opposizione. Provvedimento accolto dal gip per mancata prescrizione, essendo il disastro ancora in itinere.
Il giudice per le indagini preliminari ha disposto quindi una proroga d’indagini che ha portato nuovamente ad una richiesta di archiviazione. L’avvocato Ezio Bonanni non si è arreso, ha presentato un’altra opposizione, ritenuta ammissibile dal gip. Il prossimo 29 gennaio si terrà l’udienza in camera di consiglio.
Una battaglia lunga cinque lunghi anni
Una prima piccola vittoria per Agata Zerbo. Una donna combattiva che non dopo la perdita del padre non vuole che le famiglie delle vittime dell’amianto restino in silenzio.
“Ho sempre creduto nella giustizia e continuerò a farlo. Sono soddisfatta che dopo due richieste di archiviazione l’avvocato Bonanni sia riuscito ad apporsi e a fare fissare un’udienza in camera di consiglio”.
Questo il commento della figlia di Salvatore Zerbo che è sempre più convinta di non abbassare la guardia ed è in attesa di ottenere giustizia.
“Continuerò la mia battaglia contro l’amianto perché tutti conoscano i danni che provocano le fibre d’amianto. Mi fermerò solo dopo la morte. E’ una battaglia che dobbiamo vincere insieme, perché tutti sappiano che inalando quei maledetti veleni, senza precauzioni, si va incontro alla morte”. Conclude così la figlia della vittima che da oltre cinque anni sta lottando per avere giustizia.
La storia di Salvatore Zerbo, vittima di amianto
Salvatore Zerbo aveva lavorato dal 1975 al 1983 nello stabilimento Fincantieri di Palermo. Nel 1992 aveva cominciato ad accusare i primi
problemi di salute. Dagli accertamenti diagnostici era emerso che quei disturbi e quel malessere generale erano provocati da un mesotelioma pleurico. Un cancro del polmone provocato dall’inalazione delle fibre di amianto che non lascia quasi mai via di scampo.
Il 5 febbraio 1993 Salvatore Zerbo ha lasciato la famiglia dopo atroci sofferenze. Un dolore incolmabile nei cuori dei congiunti, in
particolare in quello della figlia che ancora oggi non riesce a darsi pace. Non riesce a rassegnarsi perché ha la consapevolezza che quel maledetto cancro è stato provocato dall’inalazioni di
veleni.
La vittima, infatti, proprio per le sue mansioni all’interno della Fincantieri, era esposta quotidianamente alle fibre di amianto senza
alcuna protezione e senza alcuna prevenzione. Una patologia professionale, quella di Salvatore Zerbo certamente non unica.
Sembra siano decine se non centinaia, infatti, le vittime dell’amianto in quello di Palermo come in altri siti della Fincantieri. L'Avv.Ezio Bonanni, ha raccontato di questa dura realtà nel suo libro delle morti bianche in
Sicilia.
La storia di Zerbo infatti è solo un tassello del grande mosaico che l’ONA cerca di ricomporre per ottenere giustizia per le vittime Fincantieri. L’associazione è infatti schierata dalla parte delle vittime in altri tre procedimenti, due presso il Tribunale di Torre Annunziata e uno in quello di La Spezia.
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