Ritardo diagnostico e prova liberatoria del medico

Nel caso il medico non dimostri l'inutilità dell'intervento, ove lo stesso fosse stato svolto anticipatamente, il medesimo risponderà del danno derivante dal ritardo diagnostico della malattia.

L'Avv. Ezio Bonanni assiste per il risarcimento del danno tutti coloro che hanno subito un danno da omessa diagnosi.


Ritardo diagnostico: tutela legale per tutte le vittime

L'Avv. Ezio Bonanni è uno specialista nell'assistenza di tutti coloro che hanno subito dei danni per colpa medica. Tutti coloro che ritengono di aver subito dei danni a fronte di responsabilità contrattuale ed extracontrattuale, possono rivolgersi all'Avv. Ezio Bonanni. 

Assistenza legale dell'Avv. Ezio Bonanni

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Legge Gelli: nuove norme per la tutela delle vittime da errore medico

L'errore medico consiste in una serie di eventi che possono accadere durante il processo sanitario di diagnosi o di cura che porta a un concreto danno alla salute del paziente, impedendo o ritardando la guarigione o migliori condizioni di salute.

 

Il comportamento dei sanitari deve sempre essere professionalmente adeguato alla delicatezza del bene materiale e giuridico più prezioso: la salute. Le norme sono state recentemente modificate con la Legge n. 24/2017.


Cassazione Civile- Sezione III, Sentenza 13-01-2016, n. 343

La Cassazione, con la sentenza n° 343/2016, riconosce il risarcimento del danno derivante da ritardo diagnostico. Con tale pronuncia, la Suprema Corte ha fatto il punto in merito alla medicina difensiva, ponendo alcune precisazioni in tema di responsabilità per ritardata diagnosi.

 

Nel fare ciò ha, quindi, ribadito il principio secondo il quale il medico, nell’ esercizio della professione sanitaria, deve necessariamente attenersi alle linee guida pacificamente condivise. Inoltre, appare senz’altro censurabile la superficialità del sanitario che omette negligentemente di adempiere alle indicazioni sulla buona assistenza medica.

Ritardo diagnostico e risarcibilità del danno

La sentenza di cui si discute, dunque, è coerente con l'orientamento giurisprudenziale che riconosce un danno risarcibile anche nelle ipotesi di omessa diagnosi di un processo morboso terminale. In particolare, qualora siano possibili interventi palliativi, il danno risarcibile coincide con la perdita della possibilità di ritardare il decorso morboso o almeno di migliorare la qualità della vita.

 

Inoltre, in punto di risarcimento del danno per perdita delle chances di guarigione, la pronuncia è conforme all'orientamento della giurisprudenza di legittimità anche sotto un diverso profilo. Infatti, la giurisprudenza è consolidata nel sostenere che la domanda di risarcimento da perdita di chance è ontologicamente diversa rispetto al risarcimento da da mancato raggiungimento del risultato sperato. Dunque, la relativa domanda deve essere proposta autonomamente e specificamente in limine litis. Ciò in quanto la domanda non è neanvche implicitamente, ricompresa in una domanda generica di risarcimento. 

Ritardo diagnostico e danno da perdita di chance

Occorre dare nota che la Corte di Cassazione spesso ha dovuto dirimere controversie originate dalla mancata tempestiva diagnosi della malattia con il peggioramento delle condizioni di salute o addirittura il decesso del paziente.

 

La maggior parte di tali ricorsi riguarda casi di patologie oncologiche, la cui tardiva o omessa diagnosi può portare, purtroppo, a conseguenze di massima serietà. Se per anni l'orientamento prevalente della Suprema Corte è stato quello di ricondurre tali casi al danno da perdita di chance, di sopravvivenza, dal 2018 la chiave di lettura è cambiata.

 

In particolare, l'ordinanza Cass. civ. sez. III n. 7260/18, ha chiarito che il danno patito dal paziente per il ritardo diagnostico, non si sostanzia nella perdita di possibilità di un risultato migliore. Con ciò si intende la guarigione o una sopravvivenza più lunga, a fronte di minori sofferenze. Piuttosto, il danno è riconducibile alla negazione del diritto di autodeterminarsi nella scelta dei propri percorsi di vita.

 

Pertanto, non si possono considerare chance, ovvero, eventi incerti, se la ritardata diagnosi ha inciso sulla situazione, certa ed esistente, del diritto a conoscere il proprio stato di salute. Da tale conoscenza deriva la possibilità di decidere se sottoporsi alle terapie, ad un intervento, ovvero se convivere con la malattia consapevolmente.

 

Ciò, inoltre, consente di ritenere ricompresa la domanda di risarcimento del danno per ritardo diagnostico (mancata diagnosi risarcimento) in quella generica per il risarcimento del danno da omessa diagnosi. Dunque, non è necessario avanzare apposita domanda, come invece continua ad essere necessario nelle ipotesi di danno da perdita di chance.

Risarcimento del danno tanatologico

La Corte di Cassazione Civile, Sez. III, Sent. n. 16993/2015 ribadisce che in caso di ritardo diagnostico di un processo morboso ad esito ineluttabilmente infausto, la persona subisce un duplice pregiudizio: quantitativo e qualitativo.

 

L'omissione della diagnosi di un processo morboso terminale in cui sarebbe possibile solo un intervento palliativo, fa scaturire in capo al paziente il diritto al risarcimento del danno (mancata diagnosi risarcimento).

 

Le sofferenze patite coincidono, infatti, con la sopportazione di tutte le conseguenze del processo morboso, con particolare riferimento al dolore che l'intervento palliativo, se tempestivo, avrebbe evitato, anche senza la risoluzione della malattia.

 

Dunque, l'omissione della diagnosi in tal senso rileva non solo nei termini della perdita di chance di vivere, magari  per un periodo più lungo rispetto a quello effettivo, ma anche per la perdita della chance di conservare una qualità di vita migliore, durante tale periodo.

 

In particolare, la determinazione di una sofferenza del paziente durante l'agonia prima del decesso, configura il c.d. "danno tanatologico". Con tale espressione si fa riferimento, in giurisprudenza, al danno subito dalla vittima in seguito alla sofferenza provata per la lucida consapevolezza dell'avvicinarsi della propria morte. Ai fini di tale danno assume preminente rilievo il criterio dell'intensità della sofferenza provata.

 

In punto di danno tanatologico deve poi essere precisato quanto recentemente stabilito dalla Corte di Cassazione Civile, Sez. III,  sent. n° 28989/2019, in merito alla sua risarcibilità.

 

Infatti, qualora tra le lesioni personali e il decesso della vittima sia trascorso un lasso di tempo considerevole è giustificata la configurabilità di un danno biologico terminale al quale si aggiunge il danno morale, per la percezione dell'imminente fine. La giurisprudenza di legittimità più recente è, allora, concorde nel ribadire l'unitarietà del danno morale, escludendo la duplicazione delle voci di danno risarcibili delle quali esso si compone.