Corte Europea dei diritti dell'Uomo


Giurisprudenza sui diritti dell'uomo


La Corte Europea dei diritti dell'Uomo: i ricorsi individuali, l'esame preliminare e le misure provvisorie


Composizione e funzioni*

La Corte è stata istituita nel 1959 dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Si compone di un numero di giudici pari a quello delle Alte Parti contraenti ed è disciplinata dal titolo II della Convenzione. I giudici vengono eletti dall’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa tra i tre candidati proposti da ogni Stato. Il mandato è di sei anni. I giudici eleggono tra loro un Presidente e due Vicepresidenti con mandato triennale e rieleggibili. La Corte si divide in cinque sezioni composte secondo il principio dell’equilibrio geografico e dei sistemi giuridici degli Stati componenti. All’interno di ogni sezione vi sono, in carica per dodici mesi, dei comitati formati da tre giudici. Questi hanno il compito di esaminare in via preliminare le questioni sottoposte alla Corte. Con il Protocollo n.14 si è introdotta la figura del “Giudice unico”. Questi può o dichiarare irricevibile e cancellare dal ruolo il ricorso o trasmetterlo al comitato. La sua decisione è definitiva. All’interno di ciascuna sezione vi sono poi delle camere composte da sette giudici che si occupano di risolvere in via ordinaria i casi presentati davanti alla Corte. Quelli complessi vengono invece esaminati dalla Grande Camera che si compone del Presidente della Corte, dei vicepresidenti e di altri quattordici giudici per un totale di diciassette membri. La Corte ha sede a Strasburgo e svolge una funzione sussidiaria rispetto agli organi giudiziari nazionali. Vi si può ricorrere, infatti, solo dopo aver esaurito le vie di ricorso interne (regola del previo esaurimento dei ricorsi interni). Il sistema istituito prevede sia ricorsi individuali che ricorsi da parte dei singoli Stati membri sulla violazione di una delle disposizioni della Convenzione o dei suoi protocolli addizionali. L’ammissibilità dei ricorsi interstatali è decisa da una delle Camere, mentre quella dei ricorsi individuali da un Comitato. Se il ricorso viene dichiarato ammissibile la questione viene sottoposta al giudizio di una Camera per una risoluzione amichevole della controversia. In caso contrario la Corte emetterà una sentenza motivata nella quale verrà indicata l’entità del danno sofferto dal ricorrente e prevista un’equa riparazione. Le sentenze della Corte possono essere impugnate in casi eccezionali, entro tre mesi, davanti alla Grande Camera. Dopodiché esse vengono considerate definitive e pubblicate. Il controllo sull’esecuzione delle sentenze della Corte è affidato al Comitato dei Ministri. Su richiesta di quest’ultimo la Corte può emettere pareri consultivi su questioni giuridiche riguardanti l’interpretazione della Convenzione e dei suoi protocolli addizionali (funzione consultiva).

 

I ricorsi individuali[1]

La CEDU riconosce ai singoli individui possibilità di ricorso.  Il ricorso individuale è disciplinato ai sensi dell’art. 34 della Convenzione e deve presentare le caratteristiche richieste nell’art. 35. Nell’ambito di tale procedura possono essere indicate, se richieste dalle parti oppure d’ufficio, ai sensi dell’art. 39 del Regolamento della Corte, misure provvisorie. Come già accennato, ai sensi dell’art. 34[2] il singolo individuo può adire un giudice sovranazionale a tutela di propri diritti. L’oggetto del ricorso deve essere un diritto garantito dalla CEDU o dai Protocolli e cioè un diritto rispetto al quale viga per la Parte Contraente, ai sensi dell’art. 1[3], un obbligo. L’esercizio del diritto di ricorso individuale è subordinato al rispetto di una serie di condizioni dette di “ricevibilità” enunciate nell’art. 35 della Convenzione[4]:

1.  La Corte non può essere adita se non dopo l’esaurimento delle vie di ricorso interne, come inteso secondo i principi di diritto internazionale generalmente riconosciuti ed entro un periodo di sei mesi a partire dalla data della decisione interna definitiva.

 

2. La Corte non accoglie alcun ricorso inoltrato sulla base dell’art. 34, se:

a)      è anonimo;

b)      è essenzialmente identico a uno precedentemente esaminato dalla Corte o già sottoposto a un’altra istanza internazionale d’inchiesta o di risoluzione e non contiene fatti nuovi.

 

3. La Corte dichiara irricevibile ogni ricorso individuale presentato ai sensi dell’art. 34 se ritiene che:

a)      il ricorso è incompatibile con le disposizioni della Convenzione o dei suoi Protocolli, manifestamente infondato o abusivo;

b)      il ricorrente non ha subito alcun pregiudizio importante, salvo che il rispetto dei diritti dell’uomo garantiti dalla Convenzione e dai suoi Protocolli esiga un esame del ricorso nel merito e a condizione di non rigettare per questo motivo alcun caso che non sia stato debitamente esaminato da un tribunale interno.

 

4. La Corte respinge ogni ricorso che consideri irricevibile in applicazione del presente articolo. Essa può procedere in tal modo in ogni stato del procedimento. La prima condizione che si pone all’individuo è quella dell’esaurimento delle vie di ricorso interne. Nella sentenza Scordino n.1 c. Italia[5] si legge: “La finalità dell’art. 35, § 1, che enuncia la regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne, è quella di fornire agli Stati contraenti l’opportunità di prevenire o rimuovere le pretese violazioni prima che ne sia investita la Corte. La regola dell’art. 35, § 1, si fonda sull’ipotesi, oggetto dell’art. 13 della Convenzione (con il quale presenta forti affinità) che l’ordinamento interno offra un ricorso effettivo per la pretesa violazione”. Si chiarisce pertanto in modo inequivocabile il carattere sussidiario della giurisprudenza della Corte che si pone come un “rimedio” alle eventuali carenze di tutela dei diritti umani prodotte all’interno dello Stato nei confronti dell’individuo. Per quanto concerne i ricorsi interni essi devono essere efficaci, accessibili ed adeguati devono cioè offrire possibilità concrete di successo. Come secondo presupposto viene indicato nell’art. 35 il termine dei sei mesi che inizia a decorrere dal giorno successivo alla pronuncia in pubblico della sentenza definitiva o, in assenza di pronuncia, dal giorno successivo alla notifica al ricorrente e/o al suo rappresentante[6].

 

L’esame preliminare e le misure provvisorie

La possibilità di adottare delle misure provvisorie, qualora ve ne sia la necessità, inerisce alla fase “primordiale” dell’esame del procedimento. È la Camera o se del caso il suo presidente ad indicare, su istanza di parte, di terzi interessati oppure d’ufficio, i provvedimenti d’urgenza che ritenga opportuni. La regola dell’esaurimento delle vie di ricorso interne in questo caso viene prevista nel senso di esperimento dei ricorsi sospensivi[7].

 

 

 

 

 

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*Informazioni tratte dal sito della Corte.

[1] Articolo estratto dal progetto di ricerca della Dott.ssa Consuelo Quattrocchi: “Le misure provvisorie secondo la Cedu e la giurisprudenza della Corte di Strasburgo”.

[2] La Corte può essere investita di una domanda fatta pervenire da ogni persona fisica, ogni organizzazione non governativa o gruppo di privati che pretenda d’essere vittima di una violazione da parte di una delle Alte Parti contraenti dei diritti riconosciuti nella Convenzione o nei suoi protocolli. Le Alte Parti contraenti si impegnao a non ostacolare con alcuna misura l’effettivo esercizio di tale diritto.

[3] Le Alte Parti contraenti riconoscono ad ogni persona soggetta alla loro giurisdizione i diritti e le libertà definiti al Titolo I della presente Convenzione.

[4] Il testo dell’articolo è stato modificato dal Protocollo n. 14.

[5] Cfr. Sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 29 marzo 2006, causa 36813/97, Scordino n.1 c. Italia, § 141.

[6] Cfr. Commissione, D 21034/92, DR 80 B, p. 87.

[7] Cfr. per la definizione di ricorso sospensivo la sentenza della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 21 gennaio 2011, causa 30696/09, M. S. S. c. Belgio e Grecia.

Parere on-line avvocato Ezio Bonanni

Legislazione della Corte Europea dei diritti dell'Uomo

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